martedì 17 novembre 2015

Lazzaretto

Seguendo il serpentoso corso dell'Adige, poco dopo aver sorpassato il centro città, si entra nel parco dell'Adige Sud, e cosa si trova nascosto dietro la boscaglia, stretto nell'ansa del fiume? Uno dei monumenti meno conosciuti di Verona, nonostante la sua importanza storica. Stiamo parlando del Lazzaretto, uno degli angoli di Verona preferiti dal Brigante Falasco!
Un lazzaretto? "Ma va!", diranno alcuni, "Che è?", diranno altri… Ebbene, il Brigante Falasco è qui per raccontarvi qualcosa di ciò che è rimasto di questo angolo nascosto di Verona. La città, quando era ancora sotto la dominazione veneziana, si rese conto che non aveva spazi adeguati sufficienti per coloro che si ammalavano di malattie contagiose, quindi, seguendo l'esempio di Venezia prima e di Milano poi, cominciò a progettare la costruzione di un lazzaretto per i malati. Come location venne scelta la zona di San Pancrazio, trovandosi dopo la città, in una zona isolata e protetta da un'ansa dell'Adige e i lavori cominciarono nel 1549, per finire nel 1628. Ottant'anni! Beh, ci si metteva tanto a costruire, come adesso! Chissà, magari l'amministrazione comunale avrà avuto dei problemi di riciclaggio con i soldi provenienti dall'ospedale di Tomba, grazie ai quali si poté finanziare il progetto. Tra l'altro, secondo il Vasari, grande artista del tempo, l'architetto del lazzaretto fu il mitico Michele Sammicheli, grande idolo del Brigante Falasco, mica pizza e fichi, anche se alcuni dicono che il progetto sia di Giangiacomo Sanguinetto: mah… guardando bene il tempio al centro dell'edificio tutto riconduce a Sammicheli, non ricorda mica la chiesa di Madonna di Campagna?!?
Del magnifico edificio ormai non rimane molto, purtroppo la sfortuna ha perseguitato il povero lazzaretto. Appena due anni dopo la sua costruzione scoppiò la peste a Verona, portata dai soldati tedeschi, quindi cominciò ad essere usato in maniera massiccia, basti pensare che in quegli anni su 54000 abitanti morirono circa 33000 veronesi a causa della peste. Il lazzaretto poteva ospitare fino a 5000 malati, gli altri dovettero essere chiusi in casa e i morti gettati nell'Adige. L'edificio era diviso in quattro reparti, che separavano i malati secondo la gravità della loro malattia, erano presenti più di 150 stanze e il complesso era circondato da mura ed arcate, con quattro portoni d'ingresso e delle torri ai vertici: in mezzo stava il tempio, sorretto da colonne, dal quale si celebrava la messa, che poteva essere ascoltata da tutti grazie ad all'ottima acustica della struttura. Poi, verso la fine del '700, venne utilizzato come deposito di esplosivi, per riprendere il suo fine sanitario per curare soldati francesi ed austriaci, quindi venne ritrasformato in deposito di munizioni fino alla seconda guerra mondiale. I tedeschi lo vollero far saltare, ma non ci riuscirono: il lato orientale dell'edificio fu raso al suolo dai fascisti, che per entrare nel lazzaretto scaricarono raffiche di mitra sulle porte, dando fuoco agli esplosivi. Il lato occidentale invece fu distrutto da un'esplosione causata inavvertitamente da dei curiosi che gironzolavano nell'area del lazzaretto nel 1945, provocando la morte anche di una trentina di persone.
Quindi, cosa si presenta oggi agli occhi del Brigante Falasco? Innanzitutto, una grande sorpresa. Per anni quest'area è stata abbandonata a se stessa, dove spaccio e quant'altro non erano rari, ma adesso sono in corso grandi opere di recupero grazie al FAI, che ha preso in gestione la zona. Il territorio è stato ripulito dalla vegetazione infestante, il che ora ci permette di osservare ciò che è rimasto delle arcate esterne del lazzaretto, che correvano lungo tutto il perimetro della struttura e che ora spuntano solo qua e la, in condizioni abbastanza critiche. Sembra di essere in un'area archeologica degna di Indiana Jones, in alcuni tratti si nota persino la pavimentazione delle celle, mentre cumuli di pietre dell'Adige stanno ad indicare che era con loro che si era edificato il lazzaretto. Il settore che più risalta nella struttura è il tempio, elegante, dalla pianta circolare, sorretto da una doppia fila di colonne: la cupola non esiste più, ma ora dal centro del tempio si può osservare il cielo, quasi come se ci si trovasse nel Pantheon romano.
Il Brigante Falasco ama il lazzaretto ed è contento che, dopo anni di cure da parte dell'Associazione Pro Loco Lazzaretto e false promesse da parte del Comune (doveva diventare un parco, addirittura collegato con la Bosco Buri attraverso una passerella sull'Adige), ora il FAI si stia occupando del suo restauro! Speriamo quindi che questo angolo della Verona Nascosta si faccia meno nascosto e sempre più conosciuto dai veronesi e non, la storia della città passa anche da qui! Tra l'altro, è una bella zona per una bella corsetta, una pedalata, un pic nic o una rappresentazione teatrale estiva…


Le informazioni sul lazzaretto? Il Brigante Falasco le ha lette sul pannello informativo posizionato al di fuori del monumento e anche su questo sito:
http://lazzarettovr.jimdo.com/storia-del-lazzaretto-deutsch-und-englisch-version/


Le mura perimetrali del lazzaretto, coperte dalla vegetazione fino a poco tempo fa


 Il tempio centrale e uno dei muri divisori delle quattro sezioni del lazzaretto


Anche noi c'avemo er Pantheon!


L'eleganza...


Degno di un tempio greco o romano

giovedì 12 novembre 2015

Forte Santa Caterina

Il Brigante Falasco, emozionato dopo aver partecipato ad un interessantissimo evento a Porta Palio sulla mappatura dei forti asburgici intorno a Verona, con mappa alla mano si è deciso di conquistarne qualcuno che manca alla sua lunga lista. Per cominciare, però, si è dedicato alla riconquista di un forte che conosceva già bene, il forte Santa Caterina, in zona Pestrino.
La zona va decisamente a genio al Brigante Falasco, insomma, c'è la campagna, la città è vicina, c'è il lazzaretto, l'Adige… e il forte di Santa Caterina! Il nome attribuito nel 1852 dagli austriaci era Werk Hess, ma visto che gli italiani sono duri con le lingue, si è ripiegato con un più semplice Santa Caterina, visto che li vicino sorgeva un capitello dedicato alla santa senese. La posizione del forte era delle migliori, su un terrazzamento che dominava la campagna circostante, aveva le spalle coperte dall'Adige, formava il caposaldo finale della linea del Campo trincerato e tra i forti a destra dell'Adige era il più importante, fungendo da cardine dell'intera linea fortificata. Era, inoltre, il più grande dei forti veronesi e, si dice, un grandissimo esempio di architettura militare, costruito su progetto di Franz Von Scholl.
Conquistarlo non è difficile, basta arrivare alla caserma Santa Caterina, abbandonata anche quella, ed il forte è di dietro, tra l'Adige e la caserma… poi, per trovare un buco nella recinzione non è assolutamente un problema. Con un'occhiata al forte, si nota subito che nel corso degli ultimi cento anni non se l'è passata bene, di quello che era ormai non è rimasto molto. Prima, con la deviazione del corso dell'Adige si è eliminato il vicino Canale delle Teghe, con la conseguente perdita di una grande porzione della piazza d'armi trincerata, poi il nuovo Canale Marazza, derivante dalla diga (costruita li vicino), è passato in zone di competenza del forte; durante le guerre è stato usato come campo scuola per l'addestramento dei minatori, che lì si sono esercitati demolendo parte del forte, quindi è stato utilizzato come magazzino militare nel dopoguerra ed infine come pista da motocross. Poveretto, ne ha viste di tutti i colori! Comunque, quello che rimane è interessante ed affascinante.
Unici frequentatori abituali del forte sono i gatti, che formano una colonia piuttosto grande, addirittura censita ed alimentata regolarmente. In estate, poi, è sede di teatro, cinema e spettacolo, grazie ad Operaforte. La prima parte del forte che si nota, dopo un ampio prato, è una sorta di circolo spezzato, con i frammenti delle due metà uno di fronte all'altro: quella nord, ancora ben conservata, ora appartiene ai gatti e pare essere usata anche come magazzino, mentre la parte sud è più diroccata ma presenta degli elementi architettonici molto interessanti. Le pareti, ricoperte dall'edera, donano ancora una sensazione di grande solidità, gli archi di eleganza, così come i volti in mattoni all'interno. Altre strutture sono presenti più a est, con un sistema di camere e volti immersi nell'oscurità, quasi labirintici. Intorno alla struttura c'è un gran fossato, ormai invaso dalla vegetazione, che separa il forte dalla moderna caserma, ma un più piccolo fossato corre lungo gli edifici centrali: tra i due, una spianata e un gran terrapieno, che creano una sorta di arena.
Dal forte si possono vedere tutte le montagne veronesi, a ovest il Baldo, poi i Lessini e quindi il Carega, niente male come vista! Il Brigante Falasco si rattrista per tutto ciò che il forte ha dovuto passare, ma rimane speranzoso per il suo parziale recupero, grazie alle attività organizzate da Operaforte (e prima della cooperativa sociale Verona Territorio). Speriamo che venga valorizzato sempre più!

Il Brigante Falasco ha letto quintalate di informazioni sul forte, sulla sua struttura ecc… se siete interessati leggetele qua!

http://www.ifortiassociazione.com/index8.html
http://www.fortificazioni.net/prima_cerchia/santa_caterina.htm
https://it.wikipedia.org/wiki/Forte_Santa_Caterina_%28Verona%29



 Il fossato esterno del forte


La parte che dà verso sud


E quella verso nord


I bellissimi interni del forte


 Interno, luce ed oscurità


Il possente volto del lato sud

giovedì 5 novembre 2015

Cave di Prun

Il Brigante Falasco è un grande avventuriero, si dice che lo stesso Indiana Jones si sia ispirato al famoso brigante della Valpantena per diventare poi quel che è diventato. Questa volta il Brigante si è inoltrato negli oscuri cunicoli della terra, nelle tenebrose e misteriose cave di Prun.
Dove esse siano in molti lo sanno, ma quanti hanno avuto il coraggio di entrare nelle viscere del monte dove sono state scavate? Prun si trova nell'alta valle di Negrar, nel fianco orientale del monte Noroni, un piccolo ed antico paesino costruito quasi interamente in pietra, la stessa pietra estratta dalle numerose cave che seguono il fianco della montagna e che è servita a costruire molti altri paesini della Valpolicella e dei Lessini, come Fane, Cerna, Vaggimal, Molina, Breonio e molti altri, ma anche antichi castellieri sui Lessini dall'età del Ferro.
Fonti storiche indicano che le pendici del monte sono state sfruttate già all'inizio del XIII secolo, per continuare per secoli fino alla metà del XX secolo, quando le cave a cave a cielo aperto hanno sostituito quelle sotterranee, lasciando a noi chilometri e chilometri di tunnel suggestivi avvolti nell'oscurità. La pietra di Prun, un lastame della Scaglia Rossa Veneta, di colore rosato, è servita anche per la costruzione di monumenti a Verona e in altre città della Pianura Padana.
Il Brigante Falasco conosce bene le cave, ha passato molto tempo a vagare tra i cunicoli, godendo del silenzio e della sensazione magica che questi posti sanno dare, un po' come le Miniere di Moria del Signore degli Anelli o misteriose cattedrali scavate nella roccia. Gli scavatori del passato aprivano le gallerie sul fianco della montagna e quando si inoltravano nella terra erano costretti a lasciare pilastri naturali per evitare il crollo dei tunnel, ed è per questo che questi luoghi assomigliano vagamente alle Miniere di Moria. Entrarci è un gioco da ragazzi, ma bisogna fare comunque attenzione, non si sa mai che un'enorme scaglia di pietra si stacchi dal soffitto, e mettere male un piede su tutto quel pietrume non è da escludere.
Le cave sono ovunque, in bella vista sulla strada e nascoste nella foresta, basta cercare e si trovano! Indossate anche i voi i panni dell'esploratore e magari un giorno sarete pure degni di entrare nella banda del Brigante Falasco!

Il Brigante Falasco non le sapeva tutte queste cose, le preziose informazioni provengono da:

http://www.prun.it/
https://museosantannadalfaedo.wordpress.com/territorio/cave-di-prun/



L'entrata ad una delle cave


 Dopo pochi metri l'oscurità avvolge il Brigante Falasco


 L'entrata della cava


Scaglie di pietra si staccano dal soffitto della cava


L'entrata di un'altra cava nascosta nel bosco